Competizione e trasferta: routine mentali da allenare
“Quando partiamo per un torneo all’estero, so che non sarà solo un torneo qualsiasi. È una partedi stagione che vivo con il mio gruppo di allenamento: quelli con cui ho condiviso i lunghi mesi di preparazione, le sessioni più faticose, le pause tra una sessione e l’altra e le risate in palestra.
Arriviamo insieme, ci sistemiamo in appartamento, facciamo la spesa, cuciniamo insieme, usciamo dopo cena. Ma poi, ad un certo punto, arriva quel momento: il pre-partita. E lì è il momento più importante per entrare in partita focalizzati.“
Questa è la voce di molti atleti che seguiamo e che vivono le trasferte come un equilibrio delicato tra esperienza collettiva e centratura personale.
Quando si è lontani da casa, la routine cambia, e il rischio è che la performance ne risenta. Ma è proprio in questi contesti che la preparazione mentale fa la differenza.
Fuori dal campo: il tempo che conta davvero
La vita in trasferta non è fatta solo di match. Anzi, il grosso del tempo si passa fuori dal campo. I momenti tra un allenamento e l’altro, le attese per il proprio turno di gioco, i pasti, le camminate post-cena, le chiacchierate in camera e nei viaggi.
Sono questi i momenti che fanno da sfondo emotivo al torneo: se vengono vissuti bene, l’atleta arriva in campo con una carica diversa, più stabile, più “centrata”.
Per questo aiutiamo gli atleti a strutturare delle routine anche fuori dalla competizione:
– spazi per il riposo e la rigenerazione,
– strategie per stare bene nel gruppo senza farsi travolgere,
– tecniche mentali per ritrovare la propria energia.
Non serve “essere perfettamente in forma”. Serve sentirsi al proprio posto, nel proprio equilibrio.
Dentro il campo: una routine mentale allenata
Quando si avvicina il match, la tensione aumenta. Gli stimoli esterni diventano rumore, i pensieri iniziano ad affollarsi.
È in quei minuti che entra in gioco la routine pre-gara, costruita nei mesi precedenti con lo psicologo dello sport.
Ogni atleta ha la sua: c’è chi ascolta musica con le cuffie, chi si isola per respirare e visualizzare, chi scrive un obiettivo su un foglio e se lo tiene nel borsone per leggerlo in un momento cruciale.
Non è improvvisazione. È allenamento mentale. E funziona perché è stata preparata, provata e modificata, più e più volte.
Anziché entrare in campo in balia del battito a mille e dei pensieri che corrono, l’atleta entra con un obiettivo chiaro. Che non è “Devo vincere”. Ma, ad esempio, tenere lo sguardo sulle corde tra un punto e l’altro, pianifico il 15 successivo o ripetere la propria routine tra un punto e l’altro.
Obiettivi concreti, allenabili, sotto controllo cosciente.
Più dei risultati e dei ranking: costruire memorie
Quando lavoriamo con un atleta a prepararsi mentalmente per una trasferta, non lo facciamo solo per i punti che può conquistare in questa trasferta.
Lo facciamo per contribuire a generare esperienze positive, che lascino un segno positivo anche in termini di auto efficacia. “Quel giorno ho perso, sono comunque riuscito a lottare fino all fine“, “Lì ho capito che ero davvero cresciuto”.
La preparazione mentale non serve per aumentare la probabilità di risultati. Serve per vivere meglio, anche in contesti sfidanti, anche lontano da casa.
E alla fine, sono proprio quei ricordi che restano. E che fanno dell’atleta una persona più forte, dentro e fuori dal campo.
Elena Uberti
Sport Mindset Agency