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L’effetto Sinner-Musetti: quando la forza mentale diventa contagiosa

Due italiani in semifinale al Roland Garros dopo sessant’anni. Non è solo una questione di talento, ma anche di modello e spinta collettiva.

È di nuovo un momento storico per il tennis italiano. Dopo sessant’anni, due giocatori azzurri approdano contemporaneamente alle semifinali del Roland Garros, uno dei tornei più ambiti del circuito mondiale. Jannik Sinner, con una prestazione solida e decisa, ha liquidato il kazako Sascha Bublik in tre set secchi. Lorenzo Musetti, dal canto suo, ha firmato un’autentica impresa contro Frances Tiafoe, guadagnandosi un posto tra i migliori quattro di Parigi, dove sfiderà il campione in carica Carlos Alcaraz.
Ma ciò che colpisce, oltre al valore tecnico, è la tenuta mentale con cui questi ragazzi stanno affrontando sfide sempre più grandi. La testa fa la differenza, e questi risultati lo confermano. Non è solo il braccio a portare in semifinale, ma una mente costruita, solida, lucida nei “Big Point”.

Quando un italiano arriva così in alto, accade qualcosa di potente anche intorno a lui: cambia la percezione del possibile. I successi di Sinner e Musetti non restano confinati nei tabelloni internazionali, ma si riflettono nei sogni – e nella motivazione – dei tanti giovani che si allenano ogni giorno in Italia.

Questi atleti hanno fin da piccoli incontrato nel loro percorso il sistema delle selezioni nazionali dove è ormai da anni prevista la presenza del preparatore mentale. Ai tempi erano ragazzi molto giovani, ma già allora avevano iniziato ad avvicinarsi alla dimensione mentale della performance. Con un team di psicologi dello sport (tra cui la Dott.ssa Elena Uberti, co-fondatrice di Sport Mindset Agency) si è lavorato fin da subito sull’aspetto della consapevolezza: attraverso il confronto tra le percezioni degli atleti e quelle degli allenatori, si è cominciato a costruire un’immagine solida e realistica dei punti di forza, prima ancora di parlare di debolezze dell’avversario. Un lavoro sottile ma fondamentale, che ha messo le basi per lo sviluppo della fiducia e dell’identità sportiva.

Facciamo riferimento a tutto l’attuale movimento italiano: vedere un pari età, un volto familiare, salire sul palcoscenico dei più grandi riduce quella distanza percepita tra l’ideale e il reale. Il campione smette di essere solo un mito irraggiungibile e diventa un riferimento tangibile: “se ce l’ha fatta lui, posso farcela anch’io”. È in quel confronto orizzontale, tra pari, che si attiva una delle leve più potenti per il miglioramento individuale: l’identificazione.

Non c’è motivazione più autentica del sentirsi parte di qualcosa che evolve, che cresce. Quando nel gruppo qualcuno riesce a compiere un salto di qualità, anche gli altri iniziano a percepire la scalata come possibile. La forza mentale diventa allora contagiosa, si allena nel confronto, si rinforza nell’esempio.
Ecco perché, in un momento come questo, parlare di “preparazione mentale” non è un lusso, ma una necessità.
I risultati non si costruiscono solo con i servizi vincenti, ma anche nella capacità di restare lucidi, affrontare la pressione, sostenere l’aspettativa e – soprattutto – credere fino in fondo di meritarsi quel posto.

Il Roland Garros 2025, con due italiani a un passo dalla finale, non è solo una pagina di storia sportiva.
È una finestra aperta sul potenziale umano che si sprigiona quando il talento incontra la consapevolezza.
L’augurio è che in tanti, guarderanno al lavoro sulla consapevolezza, con occhi diversi.

 

Elena Uberti

Dalla testa al traguardo: il potere delle routine mentali per il benessere e la performance

Se pratichi uno sport, a qualsiasi livello, ti sarà capitato almeno una volta di pensare: “La testa oggi non c’era”, oppure “Fisicamente stavo bene, ma mentalmente no”. Succede spesso. Perché la verità è che la mente gioca un ruolo enorme nella performance, anche se spesso la sottovalutiamo.

Negli ultimi anni, anche grazie agli esempi di atleti professionisti, si parla sempre di più di preparazione mentale. Ma pochi sanno davvero come funziona e, soprattutto, come allenarla concretamente. È proprio di questo che voglio parlarti oggi.

Ma cosa significa davvero “preparazione mentale”? E perché sempre più atleti, professionisti e amatoriali, adottano routine mentali per migliorare le proprie prestazioni?

Routine mentali: cosa sono e perché fanno la differenza

Le routine mentali sono piccole strategie che aiutano l’atleta a prepararsi mentalmente prima, durante e dopo una prestazione, mantenendo equilibrio, concentrazione e fiducia.

Non si tratta di riti scaramantici o frasi motivazionali vuote, ma di strumenti concreti, studiati e adattabili a ogni atleta, in base alla sua età, al suo sport e ai suoi obiettivi.

Le tre fasi della routine mentale

Costruire una routine mentale significa individuare piccoli gesti o pensieri da inserire nei momenti chiave dell’esperienza sportiva:

Prima della gara o dell’allenamento

“Come ti prepari influenza come ti esprimi.”

  • Visualizzazione positiva: immagina, anche solo per 1-2 minuti, come vuoi affrontare l’allenamento o la gara. Concentra l’attenzione su ciò che puoi controllare.
  • Respirazione consapevole: pochi respiri profondi aiutano a rallentare corpo e mente, creando uno spazio di calma prima dell’azione.
  • Frasi guida: brevi affermazioni positive e realistiche, che aiutano a focalizzare (es. “Mi fido del mio corpo”“Porto attenzione su quello che sto facendo”).

Durante la prestazione

“Gestire la mente nel momento è un’abilità che si può allenare.”

  • Parole-àncora: termini brevi da ripetere per tornare al presente nei momenti più intensi (es. “Respira”“Spingi”“Ci sono”).
  • Gestione dell’errore: saper accettare un errore, respirare, e rientrare in partita fa spesso la differenza. Serve allenamento mentale anche per questo.

Dopo la gara o l’allenamento

“Anche la mente ha bisogno di recuperare e ricaricarsi.”

  • Debriefing mentale: riconosci cosa ha funzionato, cosa puoi migliorare, cosa ti porti alla prossima volta.
  • Gratitudine per l’impegno: imparare a vedere valore anche nelle giornate “no” aiuta a coltivare motivazione e autostima a lungo termine.

Un esempio concreto: Michael Phelps e la visualizzazione

Michael Phelps, pluricampione olimpico, usava una routine mentale precisa: ogni sera, visualizzava le sue gare nei minimi dettagli.

Nel 2008, durante una finale, gli si riempirono d’acqua gli occhialini. Panico? No. Aveva già “vissuto” quella situazione decine di volte nella sua mente. La visualizzazione lo ha aiutato a restare lucido e a vincere comunque.

Un piccolo esercizio da provare già da oggi

Ti proponiamo un esempio di mini-routine che puoi testare nel tuo sport, anche a livello amatoriale:

  1. 30 secondi di respirazione lenta (inspira per 4, trattieni per 4, espira per 6).
  2. Visualizza un momento in cui ti sei sentito efficace, presente, centrato.
  3. Ripeti una frase semplice e positiva che ti aiuti a entrare nel giusto mindset.
  4. Dopo la sessione, scrivi due cose che ti sono piaciute e una su cui vuoi migliorare.

Piccoli gesti, grande impatto.

Conclusione

SMATeam crediamo che benessere e performance vadano di pari passo. Le routine mentali aiutano l’atleta a sentirsi più consapevole, stabile e pronto ad affrontare sfide e difficoltà.
Non servono strumenti complicati, ma costanza, allenamento e supporto professionale.

Federica Cominelli

Psicologa dello Sport

Il rientro di Sinner: la psicologia dello sport tra sospensione, identità e resilienza

Il ritorno di Jannik Sinner agli Internazionali d’Italia non è solo una notizia sportiva: è anche un’occasione di riflessione sul mondo interiore degli atleti di alto livello. Dopo tre mesi di sospensione brusca dalla sua carriera, Sinner si prepara a rientrare in campo con una “mentalità un po’ diversa, come ha dichiarato lui stesso nell’intervista al TG1.

La psicologia ci invita a interrogarci su cosa possa accadere nella mente di un atleta costretto a fermarsi per così tanto tempo dalle competizioni. Come si rientra davvero in campo, non solo fisicamente ma anche psicologicamente?

Quando si ha l’occasione di ripartire, con più forza di prima

Per un atleta come Sinner, tornare in campo dopo uno stop così lungo non significa solo ricominciare a vivere l’adrenalina del match, ma farlo portando con sé tutto quello che ha attraversato come persona. Le pause forzate possono essere sfruttate come occasioni per conoscersi meglio e tornare in contatto con i propri valori.

La fatica di allenarsi senza l’obiettivo di una competizione nel breve termine, la pressione mediatica, il peso di dover lasciarsi alle spalle una vicenda spiacevole: tutto questo può mettere alla prova l’atleta. Ma al momento del rientro, si scende in campo inevitabilmente con qualcosa in più di prima. Di certo con la consapevolezza di aver resistito e aver continuato a lottare per i propri obiettivi, anche nei momenti più difficili.

La forza di Sinner, allora, non sarà solo quella che è in grado di imprimere sulla prima servizio o nella rotazione della palla sul diritto, ma anche quella silenziosa che ha costruito ogni giorno in questi tre lunghi mesi, quando nessuno guardava. È questa la forza che rende un ritorno non solo possibile, ma anche più denso di significato.

Il rientro: tra pressione e riscatto

Tornare in campo dopo una pausa forzata significa confrontarsi con almeno tre sfide mentali: il giudizio esterno, le aspettative personali e il bisogno di ritrovare sé stessi. Sotto i riflettori di Roma, Sinner non rientrerà soltanto sulla terra rossa con la sua racchetta in mano, ma tornerà con una pesante storia superata: quella di un giovane atleta che ha gestito l’accusa, la sospensione, il senso di ingiustizia e la rielaborazione psicologica di tutto ciò in un periodo senza dubbio intenso.

In psicoanalisi, questo processo si chiama “momento di incontro”, Stern descrive come certi eventi (come traumi, passaggi, pause) interrompano la continuità del sé e richiedano un riassestamento. Lo stop di Sinner può essere visto come una transizione critica: un passaggio che, se supportato adeguatamente da riferimenti di valore, può rafforzare la resilienza dell’atleta e ricontattare le motivazioni più profonde. Tuttavia, queste fasi possono divenire “disfunzionali” se vissute senza un adeguato supporto, l’atleta può rischiare di sperimentare un’insicurezza che minacci la qualità della sua prestazione.

Il ruolo della mente nella prestazione

La frase di Sinner “sono molto contento di rientrare, ma con una mentalità un po’ diversa” è centrale. Può essere interpretata come la consapevolezza che l’esperienza vissuta abbia lasciato un segno dentro di sé, ma anche il desiderio di tornare più forte di prima. Questo è uno passaggio chiave nel percorso di crescita di un atleta: accettare il cambiamento, l’imprevisto, integrare il vissuto e fare spazio alla ricerca di nuovo equilibrio identitario. Alcune domande utili possono guidare questo processo: chi sono quando non gioco a tennis? Quanto valgo come persona se il mio ranking scende? Chi voglio essere ora che torno a competere? Come integro la ferita subita con il desiderio di riscatto?

 

Il contributo di SMAteam: oltre il campo a supporto della persona

Proprio per il supporto alla persona (prima ancora che all’atleta) si sviluppa il lavoro di SMAteam (Sport Mindset Agency), che da anni accompagna atleti, squadre e staff tecnici in percorsi di preparazione mentale e supporto psicologico personalizzato. L’obiettivo non è solo ottimizzare la performance, ma aiutare ogni atleta a ritrovare centratura, motivazione e senso, anche nei momenti più complessi del proprio percorso sportivo.

Il caso di Sinner evidenzia quanto oggi sia fondamentale affiancare al lavoro tecnico e fisico anche un lavoro psicologico strutturato con professionisti specializzati. Non basta che qualcuno dica “cosa fare”: bisogna anche essere preparati sul come esserci, dentro ogni fase del proprio percorso, fatto di imprevisti e ostacoli, con una mente presente e consapevole.

Lo sport come spazio di evoluzione

Il caso di Sinner ci ricorda che il tennis è anche un terreno esistenziale: i match si giocano in campo, ma anche dentro di sè. Le pause interrompono un flusso che a volte sembra continuo e inarrestabile. Eppure, ogni stop può diventare un’occasione unica in cui investire energie per crescere a livello psicologico.

SMAteam continua a promuovere una cultura sportiva che integri competenze psicologiche nel quotidiano di atleti e staff. Perché è proprio lì, nel quotidiano, che si costruisce il tipo di mentalità di cui parlava Sinner: quella più consapevole.

La psicologia dello sport e la psicoterapia possono offrire strumenti concreti per attraversare queste transizioni: dal lavoro sull’autoefficacia alla gestione dell’ansia, dal dialogo interiore alla rielaborazione emotiva degli eventi critici. Oggi più che mai è evidente quanto questi aspetti siano determinanti per sentirsi davvero pronti.

A Roma non tornerà solo un numero uno del tennis, ma un giovane uomo che ha vissuto una complessa prova di vita e che, forse, potrà costituire una delle sue più grandi risorse interne.

Elena Uberti

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