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“Se vuoi, puoi”. Ma è davvero così?

28 luglio 2025, Singapore. Medaglia d’argento per Nicolò Martinenghi nella finale dei 100m rana ai Campionati del Mondo World Aquatics.
Ai microfoni della Rai, subito dopo la gara, il Campione Olimpico ha raccontato:

“Ora posso dirlo. Ieri sera dopo la mia serata ho passato tutta la notte in bagno. Ero vuoto dentro ma ero pieno in testa e nel cuore oggi. Ho pensato di dare forfait, ma l’orgoglio ha prevalso. Sono al settimo cielo, anche se non sembra”.

Queste parole hanno acceso sul web la solita retorica del “Se vuoi, puoi”, come se bastasse crederci per raggiungere qualsiasi traguardo.
Dal punto di vista psicologico, questa semplificazione è rischiosa: soprattutto per i giovani atleti, può trasformarsi in una fonte di frustrazione e senso di inadeguatezza, invece che in una spinta a dare il meglio.

Cosa c’è dietro il risultato

Quello che raramente si dice è che Nicolò Martinenghi è un professionista di altissimo livello, con anni di allenamento, difficoltà superate, un oro olimpico alle spalle, competenze tecniche e mentali consolidate.
Ha raggiunto un livello di maturità sportiva e consapevolezza di sé che gli permette di fidarsi del proprio percorso e affrontare anche le giornate peggiori. Per questo lui può. E noi gli facciamo i complimenti più sinceri.

Il messaggio per i giovani atleti

Invece di ripetere “Se vuoi, puoi”, raccontiamo ai ragazzi perché lui ci è riuscito:

  • perché ha lavorato a lungo sulla fiducia in sé stesso
  • perché sa canalizzare le emozioni
  • perché sa rimanere nel qui ed ora
  • perché rispetta il proprio corpo e la propria mente

Il risultato è il punto di arrivo, non il punto di partenza. Nei progetti SMA lavoriamo costantemente su questo aspetto, costruire obiettivi a lungo termine, lavorando in sinergia con tutte le aree. In ogni progetto sottolineiamo ad allenatori, famiglie e atleti che i risultati possono arrivare solo quando si è coltivata la preparazione fisica, tecnica, tattica e mentale.

La sfida di SMA per allenatori e genitori

Sosteniamo i giovani nel costruire:

  • consapevolezza di sé
  • capacità di gestire le emozioni
  • un dialogo interno rispettoso
  • la pazienza di fare un passo alla volta

Perché dietro a ogni “Se vuoi, puoi” c’è sempre un “Se ti prepari, puoi”.

Valentina Marchesi – SMAteam

Costruire la resilienza un passo alla volta

Nel mondo dello sport, pochi ambiti offrono una finestra così potente sulla resilienza umana quanto le competizioni di ultra-resistenza. Parliamo di eventi che spingono corpo e mente ben oltre i confini della fatica: lo Spartathlon in Grecia richiede agli atleti di correre l’equivalente di 6 maratone in 36 ore; la Terra Australis Bike Epic è una competizione di circa 6000km che porta i ciclisti lungo l’intera costa orientale del continente; i concorrenti dell’Iditarod Trail Invitational è un’ultra maratona che dura fino a 30 giorni in Alaska, e numerosi altri eventi per il mondo.

Negli ultimi decenni, la partecipazione a questi eventi è aumentata esponenzialmente: solo in Nord America, il numero di persone che hanno completato un’ultra maratona è passato da 650 nel 1980 a oltre 79.000 nel 2017 (1). Ma cosa spinge sempre più atleti verso queste sfide estreme? E, soprattutto, cosa ci insegnano sull’essere umani?

Abitare la fatica

Robin Harvie, in The Lure of Long Distances, ricorda che il termine “atleta” deriva dal greco antico e significa “colui che lotta, che soffre”. Per molti ultra-atleti, la sofferenza non è un ostacolo, ma un elemento da esplorare: un’occasione per interrogarsi sul proprio senso di esistere, sulle proprie risorse mentali, sulla relazione tra dolore e il suo significato. In queste gare, resistere significa spesso procedere un passo alla volta, in un contesto dove gioia e fatica coesistono. È proprio questa convivenza, a tratti paradossale, che alimenta la motivazione profonda e permette agli esseri imani di sopportare ciò che è apparentemente insopportabile. La sensazione che “la gara non finisca mai” è comune tra chi affronta lunghi eventi di endurance. Questa distorsione del tempo somiglia a quella vissuta da chi vive momenti di profonda sofferenza psicologica: un’esperienza sospesa, dilatata, in cui ogni minuto sembra interminabile (2).
Allenarsi alla fatica significa anche sviluppare strategie cognitive e mentali per “stare dentro” queste sensazioni, senza esserne sopraffatti. L’ambiente gioca un ruolo chiave: la natura, i paesaggi, la luce dell’alba o un cielo stellato diventano risorse mentali. Emozioni di trascendenza collocano il dolore e la fatica in un contesto diverso (3). Sperimentare uno stato di elevazione in un momento di profondo sfinimento ricorda che lampi di pura felicità possono sorprenderti anche quando le cose sembrano più desolate.

La chimica della resilienza

Nel 2015, durante la Yukon Arctic Ultra, gli scienziati del Center for Space Medicine and Extreme Environments di Berlino (4) analizzarono il sangue degli atleti: rilevarono livelli altissimi di irisina, un ormone prodotto durante l’attività fisica. Oltre a facilitare il metabolismo dei grassi, l’irisina agisce sul cervello stimolando il sistema della ricompensa e migliorando l’umore. Questo ormone, come altre miochine, proteine rilasciate dai muscoli durante l’esercizio, dimostra che il movimento non agisce solo sul corpo, ma anche sulla mente. Ogni passo, ogni contrazione muscolare, invia segnali biochimici al cervello, rafforzando la resilienza (5). E non serve attraversare l’Artico per beneficiarne: ogni attività fisica, se svolta con regolarità, stimola questi processi.

Il triangolo corpo, mente e relazione

Nonostante l’apparente individualità delle gare di ultra-endurance, nessuno sente di essere completamente da solo: molti atleti si sentono rincuorati semplicemente sapendo che ci sono altri partecipanti anch’essi là fuori, da qualche parte, di fronte ai propri demoni. L’idea che “non sei l’unico” ad affrontare quella sfida, fisica e mentale, diventa una fonte potente di sostegno emotivo (6).
Il dolore condiviso crea legami profondi. Studi antropologici dimostrano che le esperienze difficili vissute collettivamente generano coesione: diventiamo “famiglia” nei momenti in cui siamo vulnerabili, non in quelli in cui sembriamo invincibili (7). L’ultra-endurance è un laboratorio per comprendere come il corpo, la mente e le relazioni si intrecciano nella gestione della fatica. Saper tollerare la difficoltà, accettare la vulnerabilità e cercare il significato anche nella sofferenza sono abilità che ogni atleta, e ogni persona, può allenare. Non necessariamente su un sentiero ghiacciato in Alaska, ma ogni giorno, nella propria routine (8).

Le esperienze degli atleti di ultra-endurance ci insegnano che la resilienza non nasce solo dal talento o dalla forza fisica, ma da una pratica costante: quella di abitare la fatica e restare presenti nel discomfort. Che tu stia affrontando una gara estrema o una sfida personale nella vita quotidiana, i meccanismi sono sorprendentemente simili: si va avanti un passo alla volta, si impara a convivere con l’incertezza e si costruisce la propria forza mentale anche grazie alla connessione con gli altri.

Referenze

1. http://realendurance.com/summary.php

2. Doloress A. Christensen (2017), “Over the mountains and through the woods; Psychological processes of ultramarathon runners”, Spingfield College

3. Karen Weekes (2004), “Cognitive coping strategies and motivational profiles of ultra- endurance athletes”, Dublin City University.

4. Robert H. Coker et al. (2017), “Metabolic responses to the Yukon Arctic Ultra: Longest and coldest in the world”, Medicine and Science in Sport and Exercise, 49 (2), 357-362.

5. Judit Zsuga et al. (2016), “FNDC5/irisin, a molecular target for boosting reward related learning motivation”, Medical Hypothesis, 90, 23-28.

6. 7. “Over the mountains and through the woods”, Christensen. Dimitris Xygalatas (2014), “The biosocial basis of collective effervescence an experimental anthropological study of a fire-walking ritual”, Fieldwork in Religion, 9 (1), 53-67.

8. Doug Anderson (2001), “Recovering humanity: Movement, sport, and nature”, Journal of the Philosophy of Sport, 28 (2), 140-150.

 

Giada Cananzi

La differenza tra un atleta che sogna e un campione che vince: il ruolo fondamentale della mentalità nello sport

La differenza tra un atleta di successo e un campione non risiede solamente nelle sue capacità fisiche, ma nella sua preparazione mentale. Ad esempio, secondo uno studio di Weinberg e Gould (2015), le capacità psicologiche, come la gestione dello stress, la concentrazione e la resilienza, sono determinanti nel raggiungimento dell’eccellenza sportiva.

Gli atleti che si concentrano non solo sul miglioramento fisico, ma anche sul potenziamento delle proprie abilità mentali, sono più predisposti a gestire la pressione e a performare al massimo livello. Come affermato da Anderson e Williams (1999), “la mente è il muscolo più potente di un atleta”, suggerendo che la preparazione mentale è tanto fondamentale quanto quella fisica per ottenere risultati di alto livello.

Non solo muscoli, tecnica e resistenza fisica. Al contrario, il vero successo nello sport si costruisce spesso in modo silenzioso e nascosto, lavorando su qualcosa che va oltre l’allenamento tradizionale: la mentalità. La forza mentale è ciò che distingue un atleta di talento da un campione, ed è anche quella che permette di superare gli ostacoli e mantenere una performance costante anche nei momenti di difficoltà.

Sport Mindset Agency crede fermamente che l’aspetto mentale sia un fattore fondamentale, tanto quanto la preparazione fisica, per raggiungere l’eccellenza nello sport. Allenarsi mentalmente non significa solo affrontare l’ansia pre-gara o la pressione durante le competizioni, ma anche saper gestire la frustrazione, la delusione e le difficoltà psicologiche che inevitabilmente si presentano nel percorso di un atleta.

L’allenamento mentale aiuta a sviluppare quella resilienza che consente a un atleta di rimanere concentrato anche sotto pressione. Come ha sottolineato Simone Biles, una delle ginnaste più talentuose e vincenti di tutti i tempi, “il mio corpo può fare quello che voglio, ma è la mia mente che mi permette di fare quello che non pensavo fosse possibile”. La capacità di controllare i pensieri, le emozioni e l’atteggiamento è ciò che permette a un atleta di fare la differenza. Non solo durante la gara, ma anche nei periodi di difficoltà, quando le sfide personali sembrano sovrastare quelle professionali.

Per esempio, gli atleti di sport individuali, come il tennis o il golf, spesso si trovano a dover affrontare non solo gli avversari, ma anche un’intensa battaglia psicologica con se stessi. La solitudine delle lunghe ore di allenamento, l’incertezza di ogni match, il peso di una sconfitta…tutti fattori che possono influire negativamente sulla motivazione e sulla fiducia. Qui entra in gioco l’importanza di avere una solida rete di professionisti, per curare non solo aspetti fisici ma anche mentali. Allenatori, fisioterapisti, psicologi dello sport sono figure essenziali per affrontare i momenti di difficoltà.

In Sport Mindset Agency, ogni atleta è accompagnato in un percorso mentale che lo aiuti a rafforzare il proprio “mindset” attraverso strategie personalizzate, che includono anche tecniche di rilassamento, concentrazione e gestione delle emozioni.

Non importa se la sfida è un match importante, un periodo di risultati deludenti o un momento di stress nella vita quotidiana. L’obiettivo è imparare a vivere ogni difficoltà come un’opportunità di crescita. Questo è stato evidenziato anche da Gould e Udry (1994), che affermano che gli atleti che riescono a “trasformare le difficoltà in opportunità” sono quelli che più frequentemente raggiungono il successo.

Il team di SMA è fermamente convinto che il percorso di crescita di un atleta debba essere prima personale poi sportivo. Per questo offriamo percorsi di mental training che aiutano gli atleti ad attraversare le loro paure, a gestire la tensione pre-gara, a sviluppare una resilienza psicologica che li rende pronti ad affrontare qualsiasi tipo di sfida. La mentalità vincente non si sviluppa in un giorno, ma è il frutto di un costante allenamento, proprio come il corpo. Solo quando un atleta riesce a sincronizzare la forza fisica con la forza mentale, potrà davvero esprimere il proprio potenziale al massimo. E, alla fine, questo è ciò che fa la differenza tra un atleta che sogna e un campione che vince.

Elena Uberti

Non solo corpo, ma anche mente: prepara il tuo 2025 con la forza della consapevolezza e della resilienza.

Le festività natalizie sono un periodo speciale, vero? Ma per tanti atleti e appassionati di sport, possono diventare anche una specie di trappola. Le routine quotidiane vengono stravolte, i ritmi si allentano e diventa più facile lasciare da parte l’allenamento fisico. Però, è proprio in questi momenti che il lavoro mentale può fare davvero la differenza. Allenare la mente non solo aiuta a mantenere alta la motivazione, ma migliora anche le prestazioni, sia nello sport che nella vita di tutti i giorni. Quindi, tra i buoni propositi per il nuovo anno, aggiungi anche l’allenamento mentale!

A volte, quando si parla di allenamento, pensiamo subito a ore passate in palestra o a correre sul campo. Ma la realtà è che la mente è spesso il vero protagonista. Non è solo una questione di corpo, ma anche di come reagiamo e affrontiamo le emozioni, che poi si riflettono in campo.

Invece, allenare la mente ti permette di diventare più consapevole, di riconoscere queste sensazioni e, soprattutto, di imparare a gestirle. Non è magia, è pratica! Tecniche come la mindfulness, la respirazione profonda e la visualizzazione ti aiutano a restare concentrato, calmo e a rimanere in carreggiata, anche quando tutto intorno a te sembra in movimento. Dedicare solo pochi minuti al giorno a questi esercizi può aiutarti tantissimo in questo nuovo anno, sia nello sport, sia nella vita di tutti i giorni.

Quando si parla di allenamento mentale, tanti atleti di successo ci hanno dimostrato quanto sia importante. Noah Lyles, uno degli sprinter più talentuosi degli ultimi anni, ha parlato spesso dell’importanza della visualizzazione nella sua preparazione. Fuori dal campo, dedica tempo a visualizzare ogni fase della sua corsa: il movimento delle gambe, la spinta dai blocchi di partenza, la postura e la velocità che deve mantenere. La visualizzazione non è solo un esercizio mentale per lui, ma una vera e propria strategia per prepararsi al meglio. Quando è sulla linea di partenza, sa già cosa fare, come muoversi e come reagire a qualsiasi difficoltà che potrebbe presentarsi. Lyles ha anche affermato che la visualizzazione lo aiuta a entrare in uno stato di flusso, dove il suo corpo e la sua mente sono completamente sincronizzati. Non è solo un modo per prepararsi, ma una parte fondamentale del suo allenamento quotidiano. La sua abilità di vedere il suo successo prima ancora che accada è una delle chiavi che lo rendono un campione.

Kimi Räikkönen, soprannominato “Iceman”, è famoso per la sua calma glaciale in pista, che lo ha reso un pilota temuto e ammirato. La sua capacità di rimanere impassibile anche nelle situazioni più ad alta pressione non è solo una caratteristica naturale, ma il risultato di un allenamento mentale costante. Kimi ha sempre integrato la meditazione nella sua routine, utilizzandola per mantenere il controllo mentale e ridurre lo stress durante le gare. Questo gli ha permesso di affrontare ogni sfida con lucidità, senza farsi sopraffare dalle emozioni. La sua concentrazione e serenità sono state fondamentali per il suo successo, rendendolo un “uomo di ghiaccio” tanto dentro quanto fuori dalla pista.

In fondo, allenare la mente è forse l’aspetto più potente del miglioramento, sia nello sport che nella vita. Durante le festività, tra una mangiata e l’altra, può essere facile dimenticare quanto sia importante prendersi cura di noi stessi anche mentalmente. Ma proprio nei momenti di relax e di pausa, può esserci la possibilità di rinforzare quella mente che ti sosterrà nel raggiungere i tuoi obiettivi. E se con l’inizio del nuovo anno vuoi aggiungere un proposito, fallo! Dedica ogni giorno un po’ di tempo al lavoro mentale e vedrai che ne raccoglierai i frutti, non solo nelle gare, ma anche nel tuo quotidiano.

Allenare la mente non è solo una questione di concentrazione e meditazione silenziosa: anche la tecnologia può essere un’alleata incredibile. Le app di meditazione e mindfulness sono perfette per chi vuole migliorare la propria concentrazione e ridurre lo stress senza rinunciare alla comodità del telefono. Se sei uno “smanettone” che non riesce a staccare dallo smartphone, queste app ti aiuteranno a dedicare anche solo qualche minuto al giorno al benessere mentale:

Headspace: Perfetta per i neofiti della meditazione, con sessioni guidate facili da seguire.

Calm: Un pacchetto completo per il rilassamento, con meditazioni, suoni rilassanti e anche racconti per dormire meglio.

Insight Timer: Un’app gratuita che offre meditazioni di ogni tipo, dalle più semplici a quelle più avanzate.

Insomma, se vuoi allenare la mente, oggi c’è un’app per tutto. E non devi nemmeno uscire di casa!

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