Il rientro di Sinner: la psicologia dello sport tra sospensione, identità e resilienza

Il ritorno di Jannik Sinner agli Internazionali d’Italia non è solo una notizia sportiva: è anche un’occasione di riflessione sul mondo interiore degli atleti di alto livello. Dopo tre mesi di sospensione brusca dalla sua carriera, Sinner si prepara a rientrare in campo con una “mentalità un po’ diversa, come ha dichiarato lui stesso nell’intervista al TG1.

La psicologia ci invita a interrogarci su cosa possa accadere nella mente di un atleta costretto a fermarsi per così tanto tempo dalle competizioni. Come si rientra davvero in campo, non solo fisicamente ma anche psicologicamente?

Quando si ha l’occasione di ripartire, con più forza di prima

Per un atleta come Sinner, tornare in campo dopo uno stop così lungo non significa solo ricominciare a vivere l’adrenalina del match, ma farlo portando con sé tutto quello che ha attraversato come persona. Le pause forzate possono essere sfruttate come occasioni per conoscersi meglio e tornare in contatto con i propri valori.

La fatica di allenarsi senza l’obiettivo di una competizione nel breve termine, la pressione mediatica, il peso di dover lasciarsi alle spalle una vicenda spiacevole: tutto questo può mettere alla prova l’atleta. Ma al momento del rientro, si scende in campo inevitabilmente con qualcosa in più di prima. Di certo con la consapevolezza di aver resistito e aver continuato a lottare per i propri obiettivi, anche nei momenti più difficili.

La forza di Sinner, allora, non sarà solo quella che è in grado di imprimere sulla prima servizio o nella rotazione della palla sul diritto, ma anche quella silenziosa che ha costruito ogni giorno in questi tre lunghi mesi, quando nessuno guardava. È questa la forza che rende un ritorno non solo possibile, ma anche più denso di significato.

Il rientro: tra pressione e riscatto

Tornare in campo dopo una pausa forzata significa confrontarsi con almeno tre sfide mentali: il giudizio esterno, le aspettative personali e il bisogno di ritrovare sé stessi. Sotto i riflettori di Roma, Sinner non rientrerà soltanto sulla terra rossa con la sua racchetta in mano, ma tornerà con una pesante storia superata: quella di un giovane atleta che ha gestito l’accusa, la sospensione, il senso di ingiustizia e la rielaborazione psicologica di tutto ciò in un periodo senza dubbio intenso.

In psicoanalisi, questo processo si chiama “momento di incontro”, Stern descrive come certi eventi (come traumi, passaggi, pause) interrompano la continuità del sé e richiedano un riassestamento. Lo stop di Sinner può essere visto come una transizione critica: un passaggio che, se supportato adeguatamente da riferimenti di valore, può rafforzare la resilienza dell’atleta e ricontattare le motivazioni più profonde. Tuttavia, queste fasi possono divenire “disfunzionali” se vissute senza un adeguato supporto, l’atleta può rischiare di sperimentare un’insicurezza che minacci la qualità della sua prestazione.

Il ruolo della mente nella prestazione

La frase di Sinner “sono molto contento di rientrare, ma con una mentalità un po’ diversa” è centrale. Può essere interpretata come la consapevolezza che l’esperienza vissuta abbia lasciato un segno dentro di sé, ma anche il desiderio di tornare più forte di prima. Questo è uno passaggio chiave nel percorso di crescita di un atleta: accettare il cambiamento, l’imprevisto, integrare il vissuto e fare spazio alla ricerca di nuovo equilibrio identitario. Alcune domande utili possono guidare questo processo: chi sono quando non gioco a tennis? Quanto valgo come persona se il mio ranking scende? Chi voglio essere ora che torno a competere? Come integro la ferita subita con il desiderio di riscatto?

 

Il contributo di SMAteam: oltre il campo a supporto della persona

Proprio per il supporto alla persona (prima ancora che all’atleta) si sviluppa il lavoro di SMAteam (Sport Mindset Agency), che da anni accompagna atleti, squadre e staff tecnici in percorsi di preparazione mentale e supporto psicologico personalizzato. L’obiettivo non è solo ottimizzare la performance, ma aiutare ogni atleta a ritrovare centratura, motivazione e senso, anche nei momenti più complessi del proprio percorso sportivo.

Il caso di Sinner evidenzia quanto oggi sia fondamentale affiancare al lavoro tecnico e fisico anche un lavoro psicologico strutturato con professionisti specializzati. Non basta che qualcuno dica “cosa fare”: bisogna anche essere preparati sul come esserci, dentro ogni fase del proprio percorso, fatto di imprevisti e ostacoli, con una mente presente e consapevole.

Lo sport come spazio di evoluzione

Il caso di Sinner ci ricorda che il tennis è anche un terreno esistenziale: i match si giocano in campo, ma anche dentro di sè. Le pause interrompono un flusso che a volte sembra continuo e inarrestabile. Eppure, ogni stop può diventare un’occasione unica in cui investire energie per crescere a livello psicologico.

SMAteam continua a promuovere una cultura sportiva che integri competenze psicologiche nel quotidiano di atleti e staff. Perché è proprio lì, nel quotidiano, che si costruisce il tipo di mentalità di cui parlava Sinner: quella più consapevole.

La psicologia dello sport e la psicoterapia possono offrire strumenti concreti per attraversare queste transizioni: dal lavoro sull’autoefficacia alla gestione dell’ansia, dal dialogo interiore alla rielaborazione emotiva degli eventi critici. Oggi più che mai è evidente quanto questi aspetti siano determinanti per sentirsi davvero pronti.

A Roma non tornerà solo un numero uno del tennis, ma un giovane uomo che ha vissuto una complessa prova di vita e che, forse, potrà costituire una delle sue più grandi risorse interne.

Elena Uberti

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